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Esogestazione e contatto corporeo nella relazione madre-figlio

Dopo il parto i neonati hanno la necessità vitale di mantenere il contatto corporeo con la madre. La relazione madre-figlio è un legame preferenziale attraverso cui il bambino sperimenta il suo essere al mondo, sviluppa la sua emotività imparando a conoscersi per mezzo della madre e più in là a sviluppare una propria personalità. Sembra ormai scientificamente appurato che questo legame preferenziale, sperimentato attraverso la presenza reale e consapevole della madre, aiuti il bambino a sviluppare una personalità più sicura ed equilibrata.
Per ragioni di sopravvivenza, l’endogestazione, vale a dire il periodo di gestazione intrauterina, termina quando la testa del bambino raggiunge una dimensione compatibile col canale del parto. Questo però avviene prima che il neonato sia completamente formato e pronto ad affrontare la vita. In poche parole al momento della nascita il cucciolo di uomo non è autonomo né sotto il profilo motorio e fisiologico, né sotto il profilo cognitivo. Sarà necessario un periodo di tempo ulteriore durante il quale il bambino completerà il suo sviluppo. Per questo si parla di un periodo di esogestazione, una vera e propria gestazione post natale, un periodo che generalmente va dalla nascita ai nove mesi di vita e che coincide più o meno col momento in cui il bambino gattona in modo spedito e sicuro … pronto ad allontanarsi e ad esplorare il mondo.

Durante questo periodo il bambino consolida le proprie capacità motorie, sviluppa la capacità di esprimersi attraverso la parola o i primi tentativi di esprimersi. Di fatto però egli continua a vivere in simbiosi con la mamma e, nonostante non vi sia più un cordone ombelicale ad unirli, cerca di ripetere le stesse sensazioni che provava durante la sua vita prenatale.
Peccato che nessuno di noi possa ricordare o raccontare a parole il trauma del distacco che avviene con la nascita. Se ne conservassimo un ricordo cosciente forse non sottovaluteremmo le richieste di attenzione del bambino liquidandole semplicisticamente come capricci.
Si perché cercare il contatto corporeo con la mamma non significa essere viziato, il bambino ha bisogno delle mani e dell’odore del corpo della madre, ha bisogno di sentirne il respiro e il battito cardiaco, ha bisogno di essere abbracciato, coccolato e quindi rassicurato. Attraverso questo legame preferenziale il bambino comincia a costruire la sua identità, a conoscersi attraverso” l’altro” che sperimenta nella presenza della madre.

L’amore e le attenzioni di una madre nei confronti del figlio non devono essere dosate, non c’è una ricetta che indichi la quantità di affetto, di cure e coccole da offrire … forse la strada più giusta da seguire è lasciare che questo momento magico accenda sensazioni ed emozioni che scaturiscono da semplici azioni:

  • Contenere … perché la posizione fetale ci suggerisce che il neonato sente il bisogno di stare raccolto proprio come quando era nel grembo materno. Quindi è consigliabile tenerlo stretto a se in una fascia o nel marsupio per fargli sentire in ogni momento il calore e l’amore di un abbraccio.
  • Cullare … perché quando era nel ventre materno il movimento lo accompagnava sempre. Quindi cullarlo lo aiuta a calmarsi, ad addormentarsi e ancora una volta a sentire il calore dell’amore della madre. Tenerlo in braccio non significa viziarlo … ma semplicemente trasmettergli amore e cura.
  • Accudire … semplicemente esserci quando serve, per allattarlo, per cambiarlo per farlo sentire coccolato e protetto senza assenze, vuoti e senza alzare mai la voce o sgridarlo.